L’Albergo delle Tre Rose by Augusto de Angelis

L’Albergo delle Tre Rose by Augusto de Angelis

autore:Augusto de Angelis [De Angelis, Augusto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General, Mystery & Detective
ISBN: 9788838917837
editore: Sellerio editore
pubblicato: 2002-06-13T22:00:00+00:00


13

Rimasero in piedi e il tavolo con le piastrine d’oro giallo, verde e bianco era tra loro. De Vincenzi vedeva il grosso brillante lampeggiare sul petto dell’uomo. Ma anche gli occhi azzurri, cristallini, mandavano bagliori cupi. Lo sentì pronto alla lotta. Che cosa temeva?

«Da quanto tempo risiedete a Milano, signor Besesti?».

«Due mesi circa».

«Da dove provenite?».

«America del Sud».

«Italiano?».

«Di origine... come dice il mio nome. Sono nato in Argentina».

«Mai stato nell’Africa del Sud?».

«No. Mai».

A De Vincenzi sembrò che la risposta venisse un poco precipitosa.

«E negli Stati Uniti?».

«No».

«E in Inghilterra?».

«Mi chiederà se sono stato in tutti i paesi del mondo, sgranandomene il rosario?».

«Non in tutti; ma gradirei sentire la vostra risposta per quel che riguarda l’Inghilterra...».

«Vuol dirmi perché mi fa queste domande?».

De Vincenzi sorrise. Per quanto fosse stremato dalla stanchezza e dalla tensione nervosa, quel colloquio lo divertiva. Non avrebbe neppure lui saputo dire il perché. Quale prevenzione poteva avere contro quell’uomo ricco, che s’indovinava abituato al comando, che tutti rispettavano? La sua ricchezza stessa lo escludeva da ogni sospetto di un delitto di quel genere. Ma era un delitto d’interesse, quello? Il commissario aveva teso la mano sul tavolo e giocherellava con le piastrine preziose.

«Vi fidate a lasciar l’oro così, voi?».

Gli occhi azzurri guardarono le piastrine.

«Sono campioni. Contavo consegnarli a una persona, che alloggia in questo albergo, per dargli lavoro...».

«Carlo Da Como?».

«Infatti! Come lo sa?».

«Conoscete da molto tempo il signor Da Como?».

La risposta fu data dopo una breve esitazione.

«L’ho conosciuto a Milano...».

«O a Londra?».

«Perché a Londra?».

«Ma ci siete stato, a Londra, sì o no?».

«Sicuro che ci sono stato. Ma quale interesse può avere lei a chiedermelo?».

«Avete conosciuto il maggiore Harry Alton?».

Questa volta Pompeo Besesti impallidì visibilmente.

«L’ho conosciuto... Per caso... Non a Londra, però...».

«Dove siete stato nel pomeriggio e ieri sera e questa notte, fino alle quattro del mattino?».

«Ma insomma, mi spieghi anzitutto quale ragione e quale diritto ha di farmi tutte queste domande».

«In questo albergo, ieri, è stato commesso un delitto».

«Che cosa vuole che c’entri io col suo delitto?».

«Hanno pugnalato alla schiena Douglas Layng...».

«No!». Era stato un grido d’angoscia, il suo. Poi si riprese. «Hanno ucciso quel ragazzo?» gli occhi gli si erano empiti di tristezza e anche di terrore. «Ma perché... perché proprio lui?».

«E non hanno ucciso lui solo», proseguì la voce gelida del commissario. La trasformazione fu rapida. Pompeo Besesti aveva perduto ogni sicurezza tronfia e pettoruta. Gli occhi gli lucevano offuscati, spenti quasi; le gote gli si erano rilassate; il leggero tremore appena accennato fin allora si accentuava tanto da divenire fremito convulso. Era impressionante. «Volete sedere?» gli suggerì dolcemente De Vincenzi.

Fece un cenno quasi rabbioso con la mano.

«Perché vuole che segga?». Anche la voce non era più la stessa. La sonorità piena e rotonda si spezzava. Aveva mancamenti striduli. Continuò: «Ebbene, mi dica tutto... È necessario per me e... per voi. Anch’io le dirò poi quali erano i rapporti che mi legavano...». Ma s’interruppe e guardò l’altro in volto, con durezza. «Infine, può darsi che la morte del ragazzo non abbia nulla a che vedere con quanto so io e quel che so io può non riguardare affatto la polizia italiana.



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